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Attualità

Tuscia- Sant’Andrea e la tradizione dei pesci di cioccolato

Oggi le Chiese d’Oriente e d’Occidente festeggiano sant’Andrea Apostolo, denominato «Protocleto», cioè «primo chiamato» in quanto è il primo tra i discepoli del Battista ad essere chiamato da Gesù, presso il Giordano.

Nato a Betsaida, pescatore, muore a Patrasso intorno al 60, martirizzato: è appeso ad una croce detta «decussata», cioè a forma di X, poi chiamata «croce di sant’ Andrea». Il suo nome ha origini greche, significa “fortezza” ed è uno dei più diffusi sia in Italia che all’estero, visto che viene usato sia al maschile che al femminile.

Alcuni storici gli attribuiscono l’evangelizzazione di varie terre: secondo san Gregorio di Nazianzo, l’Epiro; secondo Eusebio di Cesarea, la Scizia. San Girolamo e Teodoreto ne documentano invece la presenza in Grecia. Andrea viaggiò in Asia Minore, lungo il Mar Nero, ed è per questo che è stato eletto come Santo patrono della Romania e della Russia: qui Pietro il Grande gli intitola un ordine cavalleresco.

È patrono della Scozia da più di mille anni. Nel IX secolo il re dei Pitti, Angus mac Fergus, adottò Sant’Andrea come santo protettore dopo aver avuto la visione di un Saltire, la croce diagonale, nel cielo, poco prima della sua vittoria ad Athelstaneford.

Alcune sue reliquie, in origine a Costantinopoli, con la IV Crociata sono portate in Italia e conservate ad Amalfi, di cui è protettore. Una parte del capo, dapprima in San Pietro, nel 1964 è stata consegnata da papa Paolo VI al patriarca ortodosso di Atene, in segno di ecumenismo.

Nel Lazio, a Viterbo gli anziani del luogo ricordano la vecchia usanza secondo cui, in occasione della festa di Sant’Andrea, il parroco era solito inserire nell’acquasantiera un pesce di cioccolato per ogni sacrestano; da qui nascerebbe la tradizione che vuole che si regalino pesci di cioccolato proprio nel giorno del Santo, il 30 novembre.

Ancora oggi infatti la tradizione vuole che in segno di amicizia e di affetto, ci si scambi il tradizionale pesce di cioccolato proprio in occasione della Festa di Sant’Andrea. Tutti i bambini, la sera del 29 novembre, mettono sul davanzale della finestra un piatto vuoto che, durante la notte, Sant’Andrea riempirà con l’immancabile pesce, un pochino più grosso per coloro che per i genitori sono stati particolarmente “buoni”.

Il Santo patrono dei pescatori, Andrea Apostolo, viene ricordato anche in altri centri del Viterbese, in modo particolare quelli lacustri, come Gradoli e Marta.

A Marta in particolare, dove la pesca ha sempre rivestito un ruolo fondamentale nella vita economica e cultura di gran parte della sua popolazione, il culto di Sant’Andrea è molto sentito.

Ogni 30 novembre, la mattina, i pescatori si radunano nella piazza principale di Marta e giungono alla Chiesa collegiata dove prelevano la statua di Sant’Andrea e raggiungono in processione il lungolago; qui è allestito l’altare per la celebrazione della Messa all’aperto, cui segue il rito di benedizione del lago per chiedere pesca abbondante e protezione. Riportata la statua alla Chiesa collegiata i pescatori si riuniscono in uno dei ristoranti locali per un banchetto a base di pesce e prodotti tipici.

Sant’Andrea è anche il patrono di Canino. Una antica usanza, probabilmente risalente al periodo medievale, è quella di far realizzare ai ragazzi, la sera del 29 novembre, le cosiddette “Scampanate”, lunghe e rumorose file di barattoli e altri oggetti in latta e ferro legati tra loro e trascinati insieme per le vie del paese, in modo da fare più rumore possibile e far sentire a Sant’Andrea la loro preghiera e il loro più grande desiderio.

Un desiderio comune a tutto il paese: quello di far tirare un vento così forte da far cadere a terra più olive possibili che non potevano essere colte direttamente dagli alberi, perché questi ultimi erano di proprietà di pochi signori locali. Cadendo a terra invece donne e bambini avrebbero potuto raccoglierle e trarne l’olio necessario al loro sostentamento. I bambini qui ricevono un pesce di pasta e miele.

 

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